Per l'invio di EP, demo o full-length contattatemi a questo indirizzo: marco-gattini@hotmail.it

domenica 29 dicembre 2013

Amon Amarth - Deceiver Of The Gods






Year: 2013
Genre: Melodic Death Metal
Label: Metal Blade Records
Sounds Like: Amon Amarth
Sentence: Odin would be proud! (7,5)

"Asgård's always been my home
But I'm of different blood
I will overthrow the throne Deceiver!
Deceiver of the gods!"

Queste le parole che urlano i figli di Odino nella title track del loro nuovo e devastante album: Deceiver of The Gods. Sono passati solamente 2 anni da Surtur Rising, eppure i nostri vichinghi svedesi sono tornati con la stessa carica e con un altro ottimo disco.

Le tracce di questo nuovo lavoro sono in puro stile Amon Amarth: riff massicci e corposi, melodie mozzafiato e il ruggito di Johan Hegg che è proprio come il buon vino, invecchiando migliora! Gli assoli, invece, come al solito, sono pochi, ma ben studiati e di grande impatto. Per il resto non ci sono grandi novità per quanto riguarda il songwriting, la formula è sempre la stessa a cui ci hanno abituato i nostri vichinghi da quasi 20 anni e, nonostante il tempo, continua ad emozionare e a colpire l'ascoltatore.

Per quanto riguarda le singole canzoni, sono tutte belle e degne di nota, ma le migliori sono sicuramente: "As Loke Falls", la cui intro è a dir poco da "rasponi a du mani" ( come direbbe il buon Dario Moccia ), una canzone veramente possente ed emozionante allo stesso tempo, con melodie che colpiscono direttamente al cuore come solo gli Amon Amarth sanno fare; la successiva "Father of the Wolf", con un intro vagamente roccheggiante e con dei riff altrettanto emozionanti e cazzuti allo stesso tempo. Ora però io mi trovo in difficoltà ragazzuoli ... e vi starete chiedendo: "e come mai?" Beh, da questa canzone in poi le altre mi sono piaciute praticamente TUTTE, sono una meglio dell'altra, tracks come "Shape Shifter", "Blood Eagle", "Under Siege", "We Shall Destroy" ( una delle più belle, anche da suonare ) ... L'unica che mi ha fatto storcere il naso è stata "Hel", ovvero la traccia  dove fa la sua comparsa Messiah Marcolin, il vecchio cantante dei Candlemass. Ora chiariamoci, non è la canzone in sé a non essermi piaciuta ( anche perché il guitar work è praticamente perfetto anche qua ), ma la combinazione fra la voce di Hegg e quella di Marcolin, infatti, secondo me, doveva essere studiata meglio. A parte questo, anche le ultime canzoni, "Coming of the Tide" e "Warriors of the North", sono a dir poco ottime, esattamente come le precedenti.

Quindi, questo album non mi ha deluso per nulla, anzi! E' veramente un ottimo disco, che, tuttavia, ha un difetto per il quale non posso dargli 8 ... Credo che lo sappiate tutti, il problema di questo album ( come per tutti gli altri degli Amon Amarth ) è la mancanza di originalità, appunto perché le canzoni, benché siano stupende, hanno una struttura praticamente uguale, con dei riff e delle melodie che sembrano già sentite. Ma alla fine, tralasciando questo difetto, il disco è bellissimo e molto piacevole da ascoltare, lo consiglio caldamente a tutti  coloro che hanno un animo vichingo e che, ovviamente, sono fan di questo gruppo.

-Alessio






lunedì 23 dicembre 2013

Unhuman – Unhuman






Year: 2013
Genre: Technical Death Metal
Label: indipendent
Sounds Like: Cryptopsy
Sentence: Douces Pensèes (9,0)

Ammettiamolo: ognuno di noi che ha almeno ascoltato una volta nella vita i Cryptopsy non può non essere rimasto sconvolto dal livello di violenza e di cattiveria che permea quasi ogni tassello della discografia del quintetto canadese (in particolare quelli con Lord Worm al microfono). Un tipo di brutalità che capita raramente e che risulta difficilissima da realizzare facendo comunque in modo di risultare credibili e senza fare in modo che snaturi il sound di un gruppo rendendolo inascoltabile e pretenzioso di stupire. Ma tornando ai Cryptopsy, tra i loro progetti collegati (Neuraxis, Mythosis, Rage Nucléaire,  Nader Sadek,...) ce n'era uno in particolare che mi incuriosiva da qualche tempo: gli Unhuman. Questa band, guidata dall'attuale secondo chitarrista (solo in sede live) dei Cryptopsy, Youri Raymond, è attiva fin dal lontano 1995 ma nella sua carriera ha rilasciato solamente due demo, “Too Drunk for Nothing” (1999) e “Individual Timeless Reality” (2001) prima di far perdere le tracce col passare del tempo.... Almeno fino a quest'anno, quando lo stesso Raymond dichiarò di essere entrato in sala registrazione per realizzare il  debutto ufficiale, l'omonimo “Unhuman”, rilasciato il 27 ottobre in forma indipendente e mixato da Christian Donaldson (attuale chitarrista fisso dei Cryptopsy; coincidenze?). Mentre attendevo un qualche possibile download per l'album continuava a domandarmi se la mia attesa e la mia curiosità fossero stati ripagati con un bel album in grado di stupirmi e di ritenermi davvero soddisfatto. Vi posso assicurare che “Unhuman” ha fatto questo ed altro, a tal punto che lo considero il disco Technical Death Metal dell'anno (facendomi togliere dal piedistallo l'ottimo “Portals to Caanan” dei Deeds of Flesh) ed in grado di stupirmi in questo affollato 2013 che vede una marea di buoni album che però risultato quasi scontati se non uguali tra loro. Nella line-up della band, oltre a Raymond nel duplice ruolo di chitarrista/ cantante, troviamo nientemeno che Kevin Chartré alla seconda chitarra (attivo anche con Beyond Creation e Brought by Pain), il che fa già intuire come sarà il sound degli Unhuman.  Ok, se qualcuno qui pensa “E vabbè, allora saranno la copia sputata dei Beyond!” sta sbagliando malissimo: basta solo ascoltare l'iniziale “Chaotic Equilibrium” per capire come il quartetto sia personale nel sound al 100% senza copiare nessuno. La traccia è velocissima, soffocante, pieni di cambi di tempi ai limiti della follia e con una quantità colossale di riff e fraseggi da far venire la pelle d'oca. La ritmica (su cui opera la batteria di Alex Dupras e il basso a 7 corde di Matt Bérubé) è affilata e potentissima, ma quello che lascia davvero allibiti è la performance vocale di Raymond, che oltre ad un growl/scream d'impatto (quest'ultimo che più di una volta supera una decina di secondi) infarcisce il cantato con una serie di grugniti gutturali, acuti e inhale (senza toccare territori Slam Death o simili) che lo rendono macabro e malato, senza comunque intaccare più di tanto la scorrevolezza dell'ascolto. Probabilmente avrà preso lezioni di canto da Lord Worm, ma non ne sono sicuro....oltre alla già citata “Chaotic Equilibrium”, gli altri pezzi assolutamente consigliati sono “Douces Péenses”, la strumentale “[in]Human Being” (probabilmente la traccia più tecnica dell'album), la più melodica “Hallucinogenic Symphonia Delirium”, i saliscendi ritmici di “Once Again” e la mistica “Individual Timelesses Reality” (recuperata dal demo precedente insieme a “Psychotic Afterlife” e ri-registrate nuovamente), anche se tutto l'album riesce a stupire in più di un'occasione. I (pochi) difetti riscontrati nell'ascolto sono un eccessivo sforzo vocale da parte di Raymond: in un paio di volte ho notato come alcuni acuti e screaming fossero sforzati, il che li ha resi un po' fastidiosi, senza comunque portarlo a stonare con il resto delle canzoni o cose così. Altro neo che sento di sottolineare è il fatto di come la ritmica di Dupras e Bérubé, per quanto precisa e potente, sia in certi frangenti poco fantasiosa e priva di vere e proprie parti soliste (in particolare mi aspettavo di sentire più fraseggi di basso o un paio di assoli, anche perché Matt è un bassista che non ha assolutamente nulla da invidiare ad altri come Jeff Hughell o Mike Flores). In sintesi: 48 minuti di Technical Death Metal crudo, spietato, elaborato come pochi e condito con una cattiveria inaudita, senza dubbio ereditata dai padrini Cryptopsy ma rielaborata in maniera totalmente personale stupefacente. Assolutamente imperdibile!

-Lorenzo Tagliatesta


giovedì 19 dicembre 2013

Gorguts - Colored Sands






Year: 2013
Label: Season Of Mist
Genere: Technical Death Metal
Sounds Like: /
Sentence: Enormous (9)

Dopo l'uscita dello spettacolare "From Wisdom to Hate", dodici anni fa, nessuno pensava in un ritorno sulle scene dei mitici Gorguts, band ormai di culto nel panorama death metal, frutto della geniale mente di Luc Lemay, visionario e geniale mastermind della band, che per questa uscita recluta: Colin Marston (Behold The Arctopus, Dysrhythmia, Krallice) al basso, John Longstreth (Origin) alla batteria e Kevin Hufnagel (Dysrhythmia, Vaura) alla seconda chitarra. Se abbiamo amato la malata atmosfera di "Obscura" o di "From Wisdom to Hate", con il nuovo "Colored Sands" troviamo pane per i nostri denti fin dalla prima spettacolare traccia, "Le Toit Du Monde", che mette subito in chiaro la linea dell'album, in cui freddezza magnetica e atmosfere claustrofobiche la fanno da padrone. Subito dopo, "Ocean of Wisdom" un altro pezzo molto interessante e accattivante, in cui il combo non fatica a mettere in luce le proprie abilità tecniche; splendido il riff di apertura. Ora mi soffermerò un po di più su quello che è il mio pezzo preferito del disco e, tra l'altro, il singolo di lancio dell'album ovvero "Forgotten Arrows", esagerata in tutto. Melodie e riff mastodontici sono inseriti perfettamente nel pezzo e il growl animalesco di Lemay non lascia scampo a nessuno. Basso e batteria creano un portentoso muro ritmico e le chitarre danno vita ad atmosfere glaciali, che terminano in un finale inaspettato ma gradevolissimo tutto di synth. La title track è un altra canzone che difficilmente dimenticherò, dall'intro cupo e magnetico che sfocia in quello che è, a mio parere il miglior riff del disco. "Battle of Chamdo" è un intermezzo molto interessante, anche questo, completamente suonato al synth. Subito dopo riprendono le bordate come "Enemies Of Compassion" e "Ember's Voice", che tengono altissimo il livello di adrenalina. Molto ricercata e notevole è anche l'avvincente "Absconders", un mid-tempo ricco di particolari, da ascoltare un'infinità di volte. La conclusione del disco è lasciata a "Reduced to Silence" un altro pezzo in equilibrio tra parti brutali e parti melodiche.

A mio modestissimo parere, questo disco è il migliore uscito quest'anno: volevamo un capolavoro?  I maestri ce l'hanno sfornato, mostrandoci che anche le band "anziane" hanno ancora la capacità di fare scuola e far scatenare tutti coloro che avranno il coraggio di affrontare "Colored Sands".

-Niccolò Silvi






giovedì 12 dicembre 2013

Behold the Desecration - Omnipresent Putrefaction






Year: 2013
Genre: Technical Death Metal/Deathcore
Label: Independent
Sounds Like: Signal the Firing Squad, Acrania, Archspire
Sentence: Sweeps away all (8)

Ormai siamo abituati a vedere gente che va oltre se stessa suonando, mostrando tutto i tecnicismi imparati in lunghi anni di allenamento. E questo è anche il caso dei Behold the Desecration, band americana all'esordio con questo "Omnipresent Putrefaction", un full-length che mostra diverse influenze di generi estremi tra cui technical death metal e deathcore. Genere che ho conosciuto grazie ai, ormai sciolti a mio malincuore, Signal the Firing Squad; anche se il loro era più un technical deathcore e di death aveva ben poco. Vediamo dunque se quest'album d'esordio, anche se lo considererei più un ep per la durata (22 minuti circa), merita un posto tra i miglior dischi di questo anno ormai giunto alla fine. Partiamo dalla malatissima title track nonché intro: gargarismi in stato di vita o di morte. Andando avanti possiamo assaporare manciate di riff intricati (ma non per questo difficili da capire) esuper tecnici a tale velocità da uscire dagli spartiti; alcuni assoli molto brevi (fortunatamente), acceni di breakdown (come possono mancare?) e sweep picking tamarrissimi e catchy, come in "Plaguebearer". Nel complesso le canzoni hanno una struttura ben precisa e le tracce si susseguono in maniera efficace e mai straziante; la voce alterna un growl basso ad accenni di scream striduli e taglienti. Le lyrics sono incentrate tutte bene o male sull'odio verso la razza umana; e voi  direte che è un classico. Sì lo è, ma sottolineerei come sono stati scritti: davvero molto bene, usando frasi e termini significativi e che ti entrano in testa. "Follow the Path" è la classica traccia che non ti aspetti, strumentale molto lenta e malinconica, ma che ultimamente stiamo trovando spesso in album d questo genere. La successiva "Cognizant Gates", che reputo la migliore dell'album, riprende la botta che la traccia strumentale ti aveva magari fatto perdere e ti regala 2.33 minuti di pura violenza verso le nostre povere orecchie, che però dopo ringraziano; assolo da viaggi mentali con sweep che ti fa salire e scendere nel planisfero: provare per credere. Si prosegue con "Oracle's Commandment", ottima per continuare ad essere massacrato e umiliato dalla componente tecnica dei musicisti. E proprio quando ti sei messo l'anima in pace riguardo quest'ultima cosa, arriva un elemento che ancora non avevamo sentito, ma che ci sta da DIO ormai in album tech death, ovvero l'intro di basso a precedere un riff tecnico quanto distruttivo, ma soprattutto che funziona. Parliamo delle traccia "12" (è il titolo non il numero), che non è solo questo, ma al contrario mi sentirei di metterla tra le migliori riuscite di questo "Omnipresent Putrefaction", con l'assolo però, senza dubbio migliore dell'intero full. Da come potrete ben notare, non ho citato le prime tracce perché secondo me sono un po' il punto debole, ma al contrario, passata la strumentale "Follow the Path" il disco prende una piega da  capolavoro, ma non lo sarà ovviamente per l'inizio non molto convincente. Beh c'è anche da dire che se questo fosse stato un album preceduto da ep/demo ecc. magari il giudizio non poteva essere a livelli alti; ma essendo l'esordio nel vero senso della parola, mi sento di essere buono e alzare il voto; perché parliamoci chiaro, quanti gruppi oggi riescono ad esordire con un full-length avendo già le idee chiare e senza presentarsi leggermente in confusione dovuta all'inesperienza? Gli Archspire l'avevano già fatto nel 2011, ma nonostante ciò tanto di cappello ai Behold the Desecration.
Buona la prima.

-Marco









lunedì 9 dicembre 2013

Eat A Helicopter - Evolution Of Violence






Year: 2013
Genre: Deathcore
Label: Independent
Sounds Like: Oceano, Lament, Ethereality
Sentence: Sick release (7,5)

Eat a Helicopter. 
Solo il nome preannuncia un qualcosa di altamente pesante dal punto di vista  musicale, e infatti quello di cui andremo a parlare oggi è un album deathcore con i cosiddetti! "Evolution of Violence" è il primo full-length del gruppo, che anche grazie al supporto di alcuni siti a cui è piaciuto il loro lavoro, sta ottenendo una piccola fetta di fama nell'immensa zona deathcore.  Ascoltando questo disco ci troveremo davanti un complesso ma veramente massiccio arsenale composto da un riffing chitarristico violento e molto suggestivo. C'è da precisare ovviamente che siamo immersi nel panorama deathcore quindi non mancano i breakdown che se posti nel punto giusto in una canzone risultano adatti e perfetti, come nel caso di questo disco.  La prima traccia "Feign Kingdom" è quella che preferisco, quella che ho ascoltato più volte, soprattutto per la longevità del lavoro chitarristico che mi ha intrattenuto ed entusiasmato per tutti i (purtroppo pochi) 3 minuti e mezzo di canzone. Ovviamente non c'è bisogno di sottolineare la possenza della voce che in un genere come il deathcore o è potente o va subito scartata, ovviamente qua ci troviamo nel primo caso, dato che potrete sentire subito come il cantante abbia compiuto un ottimo lavoro.
Come ho già detto questo è un ottimo disco che spero lancerà la band, come essa merita, in mezzo al pattume degli ultimi anni, dove trovare roba innovativa e non scopiaticci quà e là, è sempre più raro.

-Andrea Facchinello




venerdì 6 dicembre 2013

Deicide - In the Minds of Evil







Year: 2013
Genre: Death Metal
Label: Century Media Records
Sounds Like: Decapitated,
Sentence: Return to the old style (6,5)

I Deicide per cercare di tornare sulla scena death mondiale decidono di farlo, puntando prima di tutto su una title track molto orecchiabile e catchy che già fa intuire la malvagità che ci aspetta ascoltando tutto questo "In the Minds of Evil". Con l'ennesimo allontanamento di Santolla, i Deicide hanno perso le influenze melodiche di esperimenti come "To Hell With God", puntando totalmente su riff groove ed eliminando quasi totalmente gli assoli (anche se presenti lo stesso, soprattutto abusati dell'uso della leva). Ottimo lavoro da parte di Steve alla batteria e Kevin alla chitarra, dato che questo disco risulta veramente degno dei primi Deicide, ovvero ai tempi di "Legion" per capirci. Salta subito all'occhio anche la copertina di questo "In the Minds of Evil", non più a richiamare la parte satanista di Benton, ma al contrario qualcosa di più terreno, non a caso la title track parla di assassini psicopatici. Cambiamento, se si può chiamare così, che funziona a mio avviso; è inutile continuare a scrivere testi satanici nel 2013! Che dire dunque, se come me eravate rimasti delusi da "To Hell With God", dovete assolutamente ascoltarvi questo decimo parto, di una delle band più criticate ma nonostante ciò fondamentali nell'ambito del death metal. Son tornati ad attaccare come sapevano fare, non è un disco memorabile, perché nel complesso di "nuovo" non c'è praticamente nulla; riff d'impatto sì, ma niente che le nostre orecchie non abbiano ancora sentito. Ma del resto dai Nostri non potevamo chiedere di più che quello che hanno fatto. Son soddisfatto dunque che il quartetto americano sia tornato a fare DEATH METAL classico, senza cercare sperimentazioni che nella maggior parte dei casi portano a delusioni che ti fanno mettere in dubbio una carriera di trent'anni.

-Marco




domenica 1 dicembre 2013

Oceano - Incisions






Year: 2013
Genre: Deathcore
Label: Earache Records
Sounds Like: Infant Annihilator, Lament
Sentence: Brainblowing! (7,5)

Oceano, una delle realtà del metal estremo che sta diventando sempre più famosa (meritatamente, non c'è bisogno di dirlo) grazie ai suoi lavori sempre al limite tra il godimento e la cacofonia (il fatto che siano sotto contratto con la Earache records la dice lunga). Oggi parleremo del terzo disco di questo gruppo, uscito il primo ottobre 2013, ovvero Incisions. Il singolo rilasciato mesi prima dell'uscita aveva preannunciato un ritorno in grande stile per la band, che si fa spazio nella scena con un brano violentissimo, che tra parti dissonanti, breakdown spaccaossa e veri e propri ruggiti da parte del cantante preannuncia un album che sembra epocale. Senza indugiare analizziamo questo lavoro che rientra senza indugio nella lista dei migliori 10 album usciti nel 2013 (almeno dal canto mio).

Parlando di chitarre, il riffing risulta come un vero e proprio schiacciasassi: prepotente e deciso in canzoni come "Slow Murder" mentre in canzoni come  "Slave of Corporotocracy" risulta veloce e quasi divertente. Tutto il disco è possiamo dire, costellato da breakdown, di cui il 90% sono azzeccatissimi e messi proprio dove dovevano andare; sono infatti pochissimi quelli che almeno io ho reputato inutili dal punto di vista della totalità e della posizione. Una traccia che mi è piaciuta molto dal punto di vista chitarristico è la inquietantissima "Internal War" che si presenta con voci sussurrate per poi sfumare in quella che sarà l'intro vera e propria della canzone,  ovviamente pezzaccio deathcore che non delude. La batteria merita un capitolo a parte, dato che poche volte ho sentito  un lavoro in cui la batteria sia talmente legata alla chitarra, senza mai risultarne inferiore, il nostro caro Daniel Terchin quindi ha compiuto il suo lavoro maestosamente.
Ora arriva il punto che credo tutti aspettavate, Adam Warren, l'anima malvagia che sta dietro alle voci del gruppo. Ogni volta che sento una canzone degli  Oceano so che devo prepararmi al suo ruggito, e in questo album secondo me risulta migliorato moltissimo rispetto ai precedenti lavori, e in canzoni come "Self Exploited Whore" lo dimostra perfettamente; il nostro amico di colore infatti ha una voce particolarissima, unica, che lascia basito l'ascoltatore ad ogni canzone, come fosse la prima volta!
Detto questo, nel complesso tutto il disco risulta un ottimo lavoro deathcore che si regge in piedi fieramente, l'unica pecca come ho già detto è la ridondanza di alcuni breakdown che abbassa di qualche punto il risultato finale, nonostante questo però "Incisions" per me rimane uno dei migliori dischi deathcore dell'anno e come ho già detto rimarrà nella top 10 degli album di quest'anno, insomma, se siete fan di band come Infant Annihilator, Suicide Silence o altri gruppi limiitrofi, questo cd non deve mancare nella vostra lista di ascolti.

-Andrea Facchinello