Per l'invio di EP, demo o full-length contattatemi a questo indirizzo: marco-gattini@hotmail.it

giovedì 29 agosto 2013

Prepare for the Mindscan - Prepare for the Mindscan (EP)






Year: 2013
Genre: Grindcore/Punk/Hardcore
Label: Independent
Sounds Like: Insect Warfare, Pig Destroyer
Sentence: Good beginning (7)

Da Buffalo con furore, ecco apparire i Prepare for the Mindscan, band Grindcore con diverse influenze punk, hardcore in più tra quelle che riportano nella bio loro stesi è presente il powerviolence, il thrash ed il black, che si presentano al pubblico con l'ep omonimo. Davvero un vastissimo bagaglio di influenze, fatto per non restare monotoni e per non lasciarci il solito disco grind classico. 12 minuti circa di grezzaggine pura, interrotta dai soli dialoghi presenti nella intro "Alien Invasion" e nell'ultima traccia "Rise of the Machine Elves". Il resto delle tracce sono un marciume portato a 250 bpm, con rari rallentamenti, il vocal riprende anch'esso diverse influenze, ma risulta essere un cantato straziato con qualche growl mal riuscito nella magior parte dei casi e cosa ancora più importante, la mancanza assoluta di pig squeal, che a dire la verità mi ha un pò deluso. Al contrario invece, sono rimasto molto colpito ed interessato dal concept, che include concetti fantascientifici e distopici della scienza, nonché questioni sociali e di percezione della realtà. Proprio per questo ho riascoltato molteplici volte le discussioni presenti, per riuscire bene a capire cosa dicessero, così da entrare meglio nel vivo dell' ep. Bene, questo inizio per il trio va più che bene, anche se nel prossimo lavoro, spero vivamente di  trovare i benamati pig squeal che renderebbero le cose ancora più grindcore.
p.s. Ringrazio la band per avermi fornito tutto il materiale necessario.

-Marco




martedì 27 agosto 2013

Carcass - Surgical Steel






Year: 2013
Genre: Melodic Death Metal
Label: Nuclear Blast
Sounds Like: Carcass
Sentence: Surgical work (6,5)

Per prima cosa, il solo fatto che i Carcass sono tornati, ben 17 anni dopo "Swansong", deve allarmarci! Una band che ha sempre presentato elementi death vecchia scuola uniti al grind; cosa mai può proporci in un questo moderno e sempre più esigente 2013? La risposta è appunto "Surgical Steel", un lavoro che non stravolge in nessun modo lo stile carcassiano e oltre ciò, riprende in parte al capolavoro assoluto "Heartwork". Che questa sia una proposta per non deludere i fans più sfegatati, in modo da giocare la carta sicura del non fallimento, ma quella della fiducia assicurata da parte della critica. Ok, questo è quello che credevano Walker e company, ma è realmente andata così? Lo scoprirete più avanti.

Intanto se volete sapere cosa penso delle reunion bands andate a 2.02.


Vorrei spendere due parole sull'artwork prima di passare alle tracce vere e proprie. Esso rende il caso più evidente della tesi: una fusione degli strumenti usati nella chirurgia con l'estetica grigia della cover di Heartwork, che rappresenta le loro tendenze grind mischiate al pulito e classico death metal melodico che li ha fatti diventare una delle band pioniere del genere. Però gli strumenti chirurgici nuovi, ci dovrebbero far pensare a musica nuova, anche se in parte (o forse nel complesso), non è così. Passiamo ad analizzare le tracce, perché finché non capirete come esse sono realmente, arrivati a questo punto potreste già darmi del pazzo. Si parte con l'anno della nascita "1985", una spolverata di poco più di un minuto, in cui si comincia subito a respirare l'aria carcassiana che ormai mancava da un po'. E da questa intro tranquilla e misteriosa, veniamo subito catturati, da ciò che i Carcass sono in realtà. Performance vocale di Jeff veramente notevole, con grancassa e chitarre a velocità allucinante ed assolo che prende la scena a metà song. Ancora non è niente. Andando avanti, il martellare difficilmente cede, con brani come "Cadaver Pouch Conveyor System" e "A Congealed Clot of Blood" come se i Carcass vogliono riguadagnarsi il tempo perso donando ai fans delle canzoni apprezzabili da risultare catchy.  Grazie a brani come "The Master Butcher’s Apron", "316 L Grade Surgical Steel", "Captive Bolt Pistol" e "Noncompliance to ASTM F 899-12 Standard", veniamo ributtati nel passato, con atonali, picking a mitragliatrice, mid-tempo, virtuosismi armonici, rimandi ad Heartwork e gli (forse) abusati assoli. "The Granulating Dark Satanic Mills", titolo a parte, risulta essere uno dei brani più piacevoli, anche qui assolo snervante sempre ed inesorabilmente presente. "Unfit For Human Consumption" tutto sommato, una traccia passabile con del riffing che a tratti funge thrashy. Il disco si conclude con "Mount of Execution", brano che argina l'assalto con un' acustica intro silenziosa; preambolo che lascia il posto ad un potente mid-tempo che cementa tutto ciò che è venuto prima. Gli attrezzi da chirurgia sono sterilizzati, ma l'idea che questo sia un disco fatto tanto per fare, tanto per riassaporare il successo che anni fa li distingueva dagli altri gruppi, rimane una soluzione più che possibile. Ma alla fine parliamo dei Carcass cazzo, dei CARCASS! Per cui, se non siete rompiballe come me e a prescindere dal disco, supportate prima di tutto la band e solo dopo l'album (cosa sbagliatissima!), dovete dedicargli almeno un ascolto.

-Marco










venerdì 23 agosto 2013

Hivelords - Cavern Apothecary






Year: 2013
Genre: Black Metal/Sludge
Label: Anthropic Records
Sounds Like: Burzum??
Sentence: Great work (8)

Interessante quartetto di Philadelphia questi Hivelords, che col loro primo album “Cavern Apothecary” (dopo i primi 2 ep “The cellar scrolls” (2011) e “Grand Cromlech” (2012) ) ci fanno sentire un doom/black metal da loro stessi definito psichedelico; e infatti accanto alle classiche sonorità black, nel loro sound troviamo lente, avvolgenti, a volte anche un po’ noiose per quanto mi riguarda, atmosfere “psichedeliche”. L’album comincia bene, con “Atavus Lich”: un riff molto coinvolgente del chitarrista Will Rollem, con l’ausilio del bassista Tyler Butler, accompagnati dal blast beat di Jason Jenigen e dalla voce molto versatile di Kevin North, che ricorda Varg Vikernes. Alle parti più veloci si alternano frenate improvvise, una delle quali introduce, a circa metà brano, alla sezione più doom della canzone; poi però si riparte di gran carriera, per finire in un crescendo emozionante. Molto differente il secondo brano, “Antennae Manifest”, completamente dedicato ad immergere l’ascoltatore in un mare placido ma pieno di disperazione. Kevin North, così come in “Atavus Lich”, alterna screming a clean vocals, mantenendo però intatto il potere disperante della sua voce. Ecco arrivare, la traccia centrale dell’album, la title track “Cavern Apothecary”, che inizialmente ci fa rituffare nel mare di “Antennae Manifest”, ora un po’ più mosso, e poi ce ne tira fuori, per una corsa cieca che lascia senza fiato. Ecco allora un’altra pausa di riflessione: dove stiamo andando? La band lo scopre nel finale di questa canzone, e (forse) anche l’ascoltatore. E’ giunta l’ora del brano più lungo (circa 11 minuti) dell’album, “The Growing Overwhelm”; molto interessante l’inizio: psichedelia allo stato puro, strani suoni che fanno da sottofondo ad un discorso disperato che si conclude con l’arrivo di chitarra, basso e batteria, i quali danno il via alla parte forse più marcatamente doom dell’intero album, con la bella voce che si mostra in tutte le sue sfaccettature, prima di lasciare spazio ad un finale che ci riporta all’ atmosfera psichedelica iniziale. Torna un po’ di blast beat nella conclusiva “Auragliph”, ottimo brano che ben riassume lo stile degli Hivelords. Sicuramente almeno 3 delle 5 tracce di questo album entreranno in pianta stabile nel mio capiente ipod anche se, dopo aver ascoltato l’iniziale “Atavus Lich”, mi aspettavo anche qualcosa in più dal resto dell’album, che a volte trovo un po’ troppo prolisso nella sua “psichedelia”. Cavern Apothecary è comunque un ottimo album, con un sound curato al punto giusto, non troppo grezzo né troppo ricercato.

-Pierluigi Bani






mercoledì 21 agosto 2013

I Killed Everyone - Necrospire







Year: 2013
Genre: Deathcore/Death Metal
Label: Pavement Ententertainment
Sounds Like: A Bloodbath in Boston, Science of Sleep
Sentence: Best Deathcore's album of year! (8)

Prima di recensire qualsiasi band è opportuno fare un ritorno al passato e trovare le principali differenze con questo. Ed oltre due ep ed una demo, abbiamo "Dead Peasants" risalente al 2012, disco godibile con un buon riffing, un abuso incontrastato del drop-tuned e una monotonia un pò eccessiva: così potrei descriverlo in due parole. Ma non è il caso di oggi! Infatti i I Killed Everyone tornano, molto carichi e con la voglia di riscatto, piazzando in studio per la Pavement "Necrospire", full-length a metà tra deathcore e death metal odierno. Beh senza indugi dico subito che questo Necrospire è di gran lunga migliore del precedente lavoro, infatti mostra una strutture molto più complesse ed intriganti; anche dopo ripetuti ascolti l'album riusciva ancora a stupirmi, dei cambi e delle atmosfere che si venivano a creare. Si può anche dire che di scontato c'è veramente ben poco e magari anche quando i nostri lo stanno diventando un po', ti sorprendono con una variazione di sound impressionante, cosicché il tutto ritorna più che orecchiabile. Pur essendo un disco, che secondo me va sentito tutto insieme, senza prendere pause per non perdere il filo conduttore, ho trovato alcune tracce che vale la pena citare. In primo luogo "A Sanguinary Mass" (intro+attacco), l'intro una delle più belle che abbia mai sentito in un album deathcore e l'attacco improvviso, che non ti aspetti ricorda gli A Blood in Boston, anche se rimane molto personale con una musica di sottofondo a reggere il tutto in maniera sublime. Poi "The Devourer Beyond" è la traccia del disco che non ti lascia scampo, tra riffing ultra tenuto a velocità stellare e vocal dell'ottimo Tim O'Brien che cambia con rapidità assurda dal growl allo scream mantenendosi sempre di rilievo. La title track, che come per ogni album che si rispetti, non delude le aspettative: qui vogliono davvero uccidere qualcuno. "Born of the Abattoir" è da citare solo per l'inizio diretto dal batterista Tom Salazar, che dice "cazzo ci sono anch'io!". Per il resto la canzone è retta da un breakdown che varia in continuazione, mentre un'altra chitarra esegue in assolo ripetuto davvero delizioso; chiusura con classico breakdown spacca-ossa. La seguente "State of Filth" potrebbe essere un pezzo dei Science of Sleep. "Antipathy" inizia con un "arpeggio" in pulito molto breve e poi esplode in un breakdown micidiale che non lascia scampo; neanche qua comunque mancano riff tecnici. Ed infine da citare c'è "The Human Error", che credo sia la mia preferita, credo perché nel complesso meritano tutte. Questo disco è la perfetta combinazione tra riff death metal, batteria che segue per la maggior parte linee deathcore e infine un uso parsimonioso della ripartizione del precedente lavoro. Bene, passando alle conclusioni dico subito, senza rimpianti futuri (che ci potrebbero sempre essere non lo nascondo), che Necrospire è il migliore disco deathcore di questo 2013. Non ci credo, l'ho detto! Ma stronzate a parte spero vivamente che la band in questione, con il terzo disco, che è per tutte le band il più ostico, non mandi tutto a puttane, perché dal mio punto di vista per il momento è una delle migliori band deathcore in circolazione. Via io mi vado a riascoltare Necrospire ancora, ancora ed ancora..

-Marco




martedì 20 agosto 2013

Pathology are coming...

Ecco un altro ritorno da non trascurare, quello dei Pathology! Di seguito artwork e tracklist di "Lords of Rephaim", che uscirà il 3 Settembre.




1. "Mountain of the Dead"
2. "Lords of Rephaim"
3. "Excisions"
4. "Autumn Cryptique"
5. "Dead Commandments"
6. "Empire"
7. "Ascending Below"
8. "Among Skinwalkers"
9. "Dies Irae..."
10. "It's in the Blood"
11. "Reign From Above"
12. Path of the Divine"
13. "Code Injection"

lunedì 19 agosto 2013

The Bridal Procession - Descent Into Arcologies






Year: 2013
Genre: Technical Deathcore/Progressive
Label: Siege of Amida Records
Sounds Like: ?
Sentence: Boring...(6)

Definire quest'album è stata per me una vera impresa, prima di tutto perché non sono un appassionato di deathcore e quindi non sono in grado di trovare band che suonano così (anche se sicuramente ce ne sono), secondo, perché è un disco dalla durata spropositata (quasi un'ora e mezza) e ricco di riff ricercati. Descent into Arcologies è un album veramente troppo lungo, per certi versi ricorda gli ultimi Dream Theater e i loro album di poche e lunghissime canzoni (vedasi Systematic Chaos). E' comunque pieno di riff e idee interessanti, su cui la band può puntare per uscire dall'underground, deve solo imparare a contenersi, perché questo disco ha al suo interno materiale per quasi tre album. Questi francesi mi hanno però dimostrato che non tutto il deathcore è una trovata commerciale e, ben nascosto nell'underground, c'è qualche gruppo che propone qualcosa di diverso. Tra le traccie che ho preferito ci sono la potente "Lethal Miscalculation", la traccia di apertura "A Paradoxical Utopia" e "A Solar Symbiosis", che è secondo me la più riuscita del disco. Purtroppo però, nella seconda parte del disco le traccie diventano in qualche modo più "fredde" e meno godibili, dando all'ascoltatore una sensazione quasi di noia. Questo era Descent into Arcologies dei The Bridal Procession, vedremo cosa saranno in grado di fare questi francesi nel futuro, sperando che imparino per prima cosa, a fare dischi più corti.

-Niccolò Silvi






giovedì 15 agosto 2013

Brain Stomper - Concrete (EP)






Year: 2013
Genre: Instrumental Djent
Label: Independent
Sounds Like: Intervals, Chimp Spanner
Sentence: Need to improve (6,5)

I Brain Stomper dietro quell'atwork di questo Concrete, sono solo due sedicenni con un'ardita passione per il djent. Il progetto Brain Stomper nasce nel recente maggio 2013 e dopo solo dopo tre mesi, questi due giovanissimi ragazzi riescono a far uscire il loro primo ep "Concrete", come prima accennato, un ep di puro instrumental djent totalmente autoprodotto. Quel che mi sento di dire subito, è che se avete presente la cristallinità del sound di band come Peryphery o Animals As Leaders, beh dovete totalmente archiviarla, perché il lavoro che abbiamo davanti, essendo autoprodotto, risente molto di  qualità. Ma ciò nonostante, come un videogame, può essere divertente anche con una grafica scadente; anche un disco può essere piacevole, senza una gran qualità audio. La cosa che più potrebbe darvi fastidio all'inizio (almeno parlo per me), è il riffing, che risulta essere molto macchinoso e fastidioso, ma dopo 2-3 ascolti ci si può tranquillamente abituare ad esso ed incominciare a godersi l'ep per ciò che è realmente. Ma ora andiamo ad analizzare le tracce presenti. "Bezièr Curve": subito ci accoglie con uno slap di basso brevissimo che precede in maniera persuadente la chitarra, subito molto sicura di sè con un riffing molto groovy ad aprire le danze. La title track, ci stupisce con un arpeggio in pulito piacevole (anche con un lavoro made in casa i nostri sanno creare atmosfere davvere interessanti), per poi cambiare con l'entrata del distorto della chitarra, sempre diretta ad un riffing djentoso e groovy. "Fractal", secondo il mio modesto parere uno degli episodi migliori di questo ep, con un riff davvero coinvolgente degno dei migliori maestri del genere come  Fredrik Thordendal o Misha Mansoor. "Obliterate" comincia con un dialogo, interrotto subito dalla comparsa di drum elettrica, basso e chitarra; e qui il chitarrista decide di andare a suonare note più alte (finalmente), anche se il risultato è uno stridulo snervante, che ti istiga quasi a cambiare canzone, ma anche quì dopo qualche ascolto ci si può abituare. Riff principale tutto sommato molto catchy, accompagnato da una drum molto precisa: bocciati i breakdown che precedono quello che dovrebbe essere un assolo. "Sound of a Drop in a Glass Cave": un brano che mi sento di definire veramente ben riuscito, che risulta spettacolare confronto agli altri quattro brani prima citati. Non me ne vogliano questi due ragazzi, ma penso che lo avranno notato anche loro che qualcosa nel sound non andava, magari non è colpa loro, anzi non lo è a prescindere dato che il problema sta alla radice; non parliamo di problemi tecnici da parte dei componenti, ma di problemi che riguardano il sound complessivo, cioè la registrazione. Ma dopo tutto è un autoprodotto che va apprezzato per ciò che è, soprattutto va apprezzato, cosa da non dare per scontata, che due sedicenni intraprendono un percorso così singolare, solo per fare musica, che prima di tutto piace a loro. Io so quanto sia complicato formare un gruppo completo, però penso che nonostante le difficoltà, questi ragazzi debbano ancora cercare per trovare i componenti mancanti e successivamente piazzare un disco registrato come si deve, poiché le qualità al duo certamente non mancano.

-Marco



martedì 13 agosto 2013

Ghost - Infestissuman






Year: 2013
Genre: Heavy Metal/Doom/Stoner
Label: Rise above Records
Sounds like: Mercyful fate/ King Diamond
Sentence: Pope and altar boys (7,5)

Secondo lavoro per la band heavy metal/doom/stoner Ghost (Ghost B.C. negli Usa, per motivi legali), gruppo molto controverso, amato da molti e odiato da altrettanti. Molto, forse anche troppo teatrali, col cantante Papa Emeritus II (incarnazione del precedente Papa Emeritus) nel suo abito talare ben fornito di croci rovesciate e la bella mitria ad adornare il viso scheletrico, e i 5 “nameless ghoul” (2 chitarre, basso, batteria e tastiere), anch’essi in abiti “dark religiosi”, con cappuccio e maschera a nasconderne l’identità. Infestissumam è l’aggettivo che la band attribuisce all’Anticristo, ovvero “il più ostile, o “la più grande minaccia” ed infatti, se l’album d’esordio si era concluso con la genesi del figlio di satana, qui l’Anticristo è nato e operativo. L’album parte con l’intro “Infestissumam”, un inno molto epico, in un latino piuttosto maccheronico, ma che rende bene l’idea di malvagia grandezza dell’Anticristo, seguita da uno degli episodi più interessanti dell’album: “Per Aspera ad Inferi”, col suo refrain che rimane molto facilmente in testa. Meno ispirate le successive “Secular Haze” e “Jigolo Har Megiddo”, che comunque rimangono interessanti e capaci di intrattenere l’ascoltatore. La quinta traccia è a mio parere la migliore dell’intero album: “Ghuleh Zombie Queen” parte con una bella e malinconica melodia di pianoforte, al quale poi si aggiungono la voce e gli altri strumenti; a metà canzone il tutto acquista velocità e diventa più rock, ma mantiene intatto il suo piacere malinconico. Anche “Year Zero”, “Body and Blood” e “Idolatrine” sono belle canzoni, con melodie interessanti, e cori e tastiere molto presenti, così come in tutto l’album, d’altronde. La canzone più debole dell’album è sicuramente “Depth of Satan’s Eyes”, che stenta a decollare, nonostante l’interessante riff iniziale. L’ultima traccia, “Monstrance Clock”, è un altro dei pezzi che più meritano; anche il suo refrain, così come quello di “Per Aspera ad Inferi” rimane facilmente in testa ed io personalmente mi sono ritrovato a canticchiarla e fischiettarla senza pensarci. Per concludere posso dire che “Infestissumam” è un buon album, un po’ più complesso del lavoro d’esordio “Opus eponymous” e per questo un po’ meno immediato, ma comunque facile da assimilare. Si confermano le influenze dei Mercyful Fate, in particolare di King Diamond e, se è innegabile che i Ghost puntano anche troppo sull’aspetto visivo, non si può negare che ci sia anche della sostanza nella loro musica.

-Pierluigi Bani



venerdì 9 agosto 2013

Dream On Dreamer - Loveless






Year: 2013
Genre: Metalcore
Label: We Are Unified
Sounds Like: Artchitects, Memphis May Fire, Like Moths To Flames
Sentence: Loveless or moneyless? (5)

Dopo due anni dal predecessore "Heartbound", che aveva riscosso un certo successo nel panorama metalcore mondiale, ecco che i Dream On Dreamer ritornano, dopo aver affrontato diversi tour importanti ed essere stati molto occupati da essi, con "Loveless". E forse è proprio perché il quintetto australiano è stato parecchio occupato dai tour, che gli hanno impedito di tornare in grande stile! Un lavoro un pò fatto in fretta e furia, che riprende in parte dall'ep "Hope" (forse unica nota positiva), ma che presenta infiniti giri di chitarra che in pratica si fermano sempre lì e la voce pulita di Marcel Gadacz che è a tratti snervante e ricorda guarda caso gli Architects. Ho detto tutto. Per non parlare del secondo vocalist nonché chitarrista, Zachary Britt, che misurandosi sul pulito risulta essere noioso e a tratti "stonato". Tutto sommato qualcosa di interessante e qualcosa da cui ripartire in questo "Loveless" c'è, vediamo infatti la traccia "Neverlove" molto sentita, con qualche bel passaggio e con il vocal di Marcel che non ha bisogno di commenti. Poi abbiamo anche "Moving On, Moving Far", traccia imponente che ho apprezzato fino a metà, perché poi entrano le snervanti voci pulite di cui parlavo prima. Ed infine la traccia di chiusura "The Track We Left Behind", forse, una delle migliori riuscite: toccante ma al tempo stesso decisa, con armonizzazioni molto interessanti. In pratica, se questi Dream On Dreamer, avevano stupito con il precedente lavoro, con questo "Loveless" non possono che deludere (spero) la maggior parte dei fan che avevano accumulato; che ci sia anche qualcosa di commerciale in tutto questo? Sembra che sia un disco fatto tanto per farlo, non qualcosa di sentito dove la band ci ha lavorato su molto. Spero in un futuro riappagante, perché le qualità non mancano di certo.

-Marco


mercoledì 7 agosto 2013

Suicide Emotions - Lust Of Blood In Pain






Year: 2013
Genre: Depressive Suicidal Black Metal
Label: Independent
Sounds Like: Thy Light/ Coldworld/ Hypothermia
Sentence: Suicide is the solution (8)

Ecco tornare i Suicide Emotions, la one man band depressive black metal nostrana che, dopo il primo ed incredibile debutto, "Last Cut...", torna nel 2013 con questo "Lust Of Blood In Pain". In questo album, Veirg, la mente dietro a questo progetto, decide di continuare sulla stessa scia del lavoro precedente, infatti, anche qui, la voce è poco presente, e quando c'è esegue degli urli disperati che sembrano invocare un bisogno d'aiuto, senza la presenza di un vero e proprio testo; ma le vere colonne portanti sono gli arpeggi combinati di chitarra e pianoforte, in grado di creare un'atmosfera malinconica e decadente, che a tratti sembra dare un falso barlume di speranza, che poi si affievolisce pian piano, ritornando ad essere disperazione e tristezza, il tutto sorretto da una batteria in grado quasi di emozionare in alcuni punti. Ma ora parliamo delle singole tracce. Il disco si apre con "Path Of Suicide" una strumentale da più di 6 minuti di durata, in grado di farci capire sin da primi secondi che in questo cd non c'è nessun messaggio positivo, non esiste un lieto fine, durante l'ascolto saremo da soli con il nostro dolore. La traccia successiva sarà "Melancholy part I", la quale si apre con un arpeggio di chitarra distorta che poi si intreccerà con altri arpeggi di pianoforte, il tutto contornato dalle urla disperate di Veirg, un po' come le  altre canzoni del disco, tutte con una struttura simile, ma ognuna di esse capace di far provare emozioni differenti, per questo il cd DEVE essere ascoltato per intero, altrimenti non riuscirete mai a gustarvelo a pieno. Per quanto riguarda le top track, beh ... direi che non c'è una canzone che è più bella rispetto alle altre, anche perché TUTTE le tracce di questo disco sono stupende. L' unico "difetto" che potrebbe non far piacere il disco al primo ascolto è forse la voce, urlata nel vero senso della parola, ma, una volta che ci si abitua ad essa, risulta perfetta nel contesto. Insomma è un lavoro veramente impressionante, che consiglio ad ogni appassionato del genere che abbia voglia di ascoltare dell'ottima musica deprimente.

-Alessio


lunedì 5 agosto 2013

Damned Spring Fragantia - Divergances






Year: 2013
Genre: Progressive Metalcore/Technical Deathcore
Label: Basick Records
Sounds Like: Unearth, Lies Of Nazca, Despite Exile
Sentence: Djentleman! (8.5)

Dopo un avanzamento e un ampliamento sempre maggiore di generi presenti nel sound, i Damned Spring Fragantia, tornano con il loro primo full-length. Infatti, già con l'ultimo ep dal nome omonimo, il quintetto aveva arricchito il sound aggiungendo elementi progressivi del metalcore e altri che sfioravano il mathcore, proprio per rendere il sound più ampio e per scoprire sempre più tonalità estranee al loro genere di partenza. In questo "Divergances" dominano i ritmi serrati, le doppie otto corde che accompagnano ogni scream/growl di Nicolò Carrara, con un'infinità di riff di scuola djent, che i Meshuggah ormai hanno trasmesso al mondo intero. Non mancano neanche quì i classici breakdown, dato che in ogni band che presenta deathcore o metalcore nel suond, essi sono sempre presenti all'appello; anche se in questo album saranno dosati molto bene e non domineranno la scena come in molti altri dischi omogenei. Ottimo lo scream puramente metalcore di Carrara, che si misura bene con la strumentazione e non perde di carica andando avanti; accettabile anche il growl nelle parti più estreme e nei breakdown. Insomma, gli italianissimi DSP non ci deludono affatto, ma al contrario, aggiustando il sound per non risultare monotoni e piatti, riescono a  creare un lavoro degno di nota, con spunti djentosi che ormai ogni band moderna presenta nel proprio bagaglio musicale. Dieci tracce che compongono circa trentasette minuti di algoritmi mathcore, progressione metalcore, parti tecniche e breakdown moderati; un disco che deve essere un modello per band di questi generi appena citati.

-Marco


venerdì 2 agosto 2013

Grindzero - Forceful Displacement (Promo)






Year: 2013
Genre: Old School Death Metal
Label: Independent
Sounds like: Death(old), Sepultura(old),Obituary(old)
Sentence: M4M (Music for men cit. Udo) (7)

Italia: dall'esterno ci vedono come spaghetti-pizza-mandolino, grossissimo errore dato che l'underground italico estremo e non, è pieno di gruppi schifosamente brutali quanto bravi; Fleshgod Apocalypse, Hour of Penance, Antropofagus etc. Stavolta a elogiare il metallo morte italiano tocca ai Grindzero, gruppo old school death metal nato dall'idea del chitarrista Udo e dal bassista Alex che decisero di tirare su un gruppo death con attitudini alla vecchia scuola, quindi niente chitarra-ape che ronza quà e là con scale e non scale, quà ci sono solo motoseghe graffianti, e voce che varia dal growl vecchia scuola alla Tardy con qualche occasione di cantato basso. Questo promo presenta tre canzoni: "Blood Soaked Ground", un pezzo che ricorda Death e Napalm Death in una volta sola. "Extra Life Desease" è il secondo pezzo, con una intro obituareggiante che gli appassionati sicuramente apprezzeranno, che va a sfumare nella brutalità made in Florida. "War for War" è l'ultima track di questo promo, slayereggiante quanto serve per farvi scuotere la testa e abusare di birra. Che dire, se siete dei fans accaniti della vecchia guardia lo apprezzerete di certo, se cercate un lavoro che abbia qualcosa di "nuovo" cambiate pagina!

-Billy Repalam