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venerdì 11 ottobre 2013

Annihilator – Feast






Year: 2013
Genre: Technical Thrash/Groove
Label: UDR
Sounds Like: Metallica/ Havok
Sentence: Very good (8)

Come avevo accennato nella mia prima recensione (su “Waves of Destruction” degli Hate Force One) il thrash metal di questi tempi è tornato alla ribalta quasi solo in ambito underground, con band come Sanity's Rage, Vektor, Havok ed altre che replicano quanto di buono hanno espresso i Big 4 e simili negli anni d'oro della Bay Area degli anni '80. Tra questi due contesti i canadesi Annihilator si sono sempre mossi nel mezzo, con una carriera piena di alti e bassi quasi trentennale e con alle spalle capolavori storici del technical thrash metal come “Alice In Hell” o “King of The Kill”. Dopo un lungo periodo di chiaroscuri e l'ennesimo cambio di formazione, il duo Jeff Waters/ Dave Padden, accompagnati da Mark Harshaw alla batteria e Alberto Campuzano al basso, rilasciano il loro quattordicesimo lavoro in studio, “Feast”. Guardando la copertina dell'album, che  ritrae uno zombie intento a banchettare (sono “fan” di tutto ciò che ha a che fare con i morti viventi), mi sono detto: “perché mettere uno zombie in una copertina di un disco thrash metal?”. Così, dopo averlo messo nell'Ipod, spingo “play” ed inizio ad ascoltare. La risposta a questa domanda non l'ho ancora trovata, però il disco è ELETTRIZZANTE, cacchio! Ma vado per ordine. Si comincia con “Deadlock”, traccia in stile "Kill' Em All" che mette subito in chiaro come Waters abbia deciso di tornare a fare le cose in grande: riff velocissimi, ritmica precisa come un orologio e la voce di Padden che bene o male fa il suo lavoro, anche se non particolarmente ispirata. Si passa poi a “No Way Out” e “Smear Campaign”, senza dubbio le tracce più arrabbiate di tutto l'album, che consolidano Harshaw come un batterista pieno di talento; vi è poi la traccia che mi ha lasciato un po' perplesso in tutto l'album: “No Surrender”. Sembra quasi che abbiano voluto emulare i Red Hot Chili Peppers o i Living Colour, visto il taglio decisamente Funk che se da un lato è una piacevole varietà al sound del gruppo, dall'altro  è una traccia fuori posto rispetto alle altre. Si passa a “Perfect Angel Eyes”, ballad in puro stile Annihilator, che per i più duri risulterà noiosa, mentre per gli altri sarà il momento di spalancare le porte al passato storico degli Annihilator. “Fight the World” (classica thrash song con l'inizio a chitarra acustica) è un po' spaccata in due : da un lato Campuzano ci regala un assolo di basso davvero degno di nota, dall'altro la  performance vocale di Padden in questa traccia l'ho trovata un po' penosa e sottotono rispetto alle altre, ma niente di grave. La traccia migliore dell'album sicuramente è la finale “One Falls, Two Rises”: 8 minuti (la più lunga dell'album) assolutamente perfetti fra cambi di tempo, parti groove, tecnica a mille e potenza inaudita che conclude in bellezza un grande (e deciso) ritorno per gli Annihilator nello scenario Metal moderno. Sì, mi sento decisamente soddisfatto. Alcuni di voi diranno “Disco thrash dell'anno?”; di sicuro non lo è (in questo ambito ritengo “Unnatural Selection” degli Havok degno di tale posto), però rimane un eccellente lavoro di coerenza e recupero musicale attuato negli ultimi anni che va ascoltato con passione e gioia. Non ho ancora trovato risposta alla domanda “perché mettere uno zombie in una copertina di un disco thrash metal?”, ma vabbeh; almeno sono contento.

-Lorenzo Tagliatesta








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