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lunedì 21 ottobre 2013

Burzum - Sol austan, Mani vestan






Year: 2013
Genre: Dark ambient
Label: Byelobog productions
Sounds Like: Tangerine Dream
Sentence: Best of year? (8)

Varg Vikernes, dopo il discreto “Umskiptar” dell’anno scorso, ultimo (per ora) disco black metal a marchio Burzum, torna quest’anno con il suo terzo album ambient, dopo Daudi Baldrs (1997) e Hlidskjàlf (1999). Quegli album furono registrati quando Varg era in prigione e non gli era possibile suonare gli strumenti necessari ad un album black metal, ma quella di quest’anno è una precisa scelta della one man band norvegese, che esplora sempre più a fondo le antiche tradizioni pagane, così care a Vikernes, che proprio per questo si è tanto dato da fare in passato, come tutti ormai sappiamo, nel rogo di numerose chiese cristiane, simboli dell’eradicamento del paganesimo dalla sua antica terra. Varg cita i Tangerine Dream ed i 2 precedenti Burzum sovracitati, per descrivere lo stile di questo nuovo album, che in antico norvegese significa “Ad est del Sole, ad Ovest della Luna” e fa da colonna sonora al film-documentario “Forebears”, prodotto e diretto dallo stesso Vikernes e da sua moglie. La copertina è molto bella: Il ratto di Proserpina (1888) dello spagnolo Ulpiano Checa. Il viaggio inizia proprio con “Sol Austan”: suoni “cosmici” che fanno pensare (ad un appassionato di fantascienza come me) al lungo sonno criogenico di un equipaggio di un’astronave alla deriva nello spazio, che dorme inconsapevole della rotta seguita. In “Runar Munt Pu Finna” fanno la loro comparsa alcune percussioni, tra cui un martello che colpisce l’incudine, e un basso acustico, e per proseguire la mia fantasia, questa bella traccia mi porta, dopo l’atterraggio dell’astronave su un pianeta sconosciuto, al risveglio dell’equipaggio, dopo anni di stasi. “Solarras” introduce alcune note di chitarra acustica, mentre i sette membri della spedizione danno il via all’esplorazione di questo nuovo mondo freddo, roccioso, arido e all’apparenza disabitato. Ad un tratto però qualcosa cambia: il sentore di un pericolo, di qualcuno o qualcosa che osserva, studia, giudica.. è “Haugaeldr”, con le sue tastiere “cosmiche” incalzanti e ansiogene; pericolo scampato, perché la minaccia svanisce di fronte ad un’aperta manifestazione di pace, da parte di una “tribù” di nativi del posto (Fedrahellir), che con molta calma, ma appassionatamente, riescono a spiegare la loro condizione: stanno morendo, sono gli ultimi esseri viventi rimasti sul piccolo pianeta morente (Solargudi); sembrano accettare con filosofia la loro condizione e rifiutano di farsi aiutare (Ganga at Solu). Perché? Perché sanno che non c’è niente da fare.. il pianeta è infetto, ed infetta chiunque lo abiti troppo a lungo. Per loro non c’è più niente da fare ormai, ma i terrestri possono salvarsi, se se ne andranno subito. Rivelazione sconvolgente (Hid) convalidata dai dati che i sistemi di sicurezza delle loro tute comunicano ai terrestri: c’è qualcosa che non va.. l’ansia cresce, com’è possibile? Sono sul pianeta da nemmeno un’ora ed indossano le tute di sicurezza.. forse gli indigeni sono più resistenti, essendo nati lì, ma nei terrestri, qualsiasi cosa sia, ha trovato un terreno troppo facile da aggredire col suo male..il sentore della morte cresce sempre più, mentre alcuni di loro cadono a terra in preda a convulsioni (Heljarmyrkr). Negli occhi degli indigeni c’è tristezza, accettazione, fatalismo (Mani Vestan), mentre guardano i terrestri cadere uno dopo l’altro, mentre osservano uno di loro che fugge verso l’astronave e da il via alla procedura di ritorno sulla Terra, prima di cadere anch’esso. L’unica cosa che possono fare, oramai, è riportare, con grande fatica, i corpi a bordo dell’astronave, per farne una tomba. Il pensiero di fuggire con quel mezzo, programmato per tornare sul pianeta dal quale è partito sfiora le loro menti, ma solo per poco, perché la loro presenza porterebbe il male anche lì. Così tornano indietro, verso il loro villaggio, nell’attesa della morte (Solbjorg). Certamente Sol Austan, Mani Vestan è un album che può annoiare, ma ascoltato nel modo giusto e nel posto giusto riesce a creare atmosfere bellissime. L’ho ascoltato a lungo nel  mio negozio, e più di una volta i clienti mi hanno chiesto che musica fosse quella che stavo ascoltando, dimostrando di apprezzarla. Ho evitato di dirgli chi fosse l’autore, ma dentro di me sorridevo compiaciuto.

-Pierluigi Bani





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